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COVID-19-CORONAVIRUS

sicurezza alimentare

Informativa Coronavirus e buone prassi per evitare la diffusione

Viste  le attuali misure di prevenzione territoriale emanate a livello Nazionale, regionale e locale ed in attesa di eventuali disposizioni da parte delle Autorità Sanitarie, in relazione al nuovo Coronavirus 2019-nCoV, si riportano alcune indicazioni di buona prassi tratte dal “Situation Report – 12”, pubblicato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) il 1 febbraio 2020.

In merito alla prevenzione è possibile ridurre il rischio di infezione proteggendo sé stessi e gli altri.

INVITIAMO TUTTI I LAVORATORI A EVITARE ALLARMISMI, MA RACCOMANDIAMO A TUTTO IL PERSONALE LA MASSIMA RESPONSABILITÀ NELLA GESTIONE DI QUESTO DELICATO MOMENTO.

E’ IMPORTANTE SEGUIRE LE REGOLE RIPORTARE NELLA PRESENTE INFORMATIVA.

Questi alcuni accorgimenti di autoprotezione:

Lavarsi frequentemente le mani per almeno 20 secondi con acqua e sapone o con un disinfettante a base di alcol (dopo aver tossito/starnutito, dopo aver assistito un malato, prima durante e dopo la preparazione di cibo, prima di mangiare, dopo essere andati in bagno o più in generale quando le mani sono sporche in qualunque modo).

tossire o starnutire al riparo in un fazzoletto o nell’incavo del braccio e disinfettare poi le superfici;

Evitare di toccarsi occhi, naso e bocca con le mani non lavate e pulite;

Porre attenzione all’adeguata igiene delle superfici (piani di lavoro, tastiere pc etc);

Evitare i contatti stretti e protratti con persone con sintomi simil influenzali e mantenersi a distanza di almeno 1m. da altri soggetti durante le conversazioni;

 Consumare i pasti in spazi aperti:

Sospendere, a livello precauzionale, per le prossime due settimane  eventuali incontri in azienda o presso        clienti/fornitori;

Verranno fornite specifiche disposizioni al personale che si occupa della pulizia dei locali per prestare sempre più attenzione e igienizzare tramite disinfettanti specifici gli spazi;

Non è raccomandato l’utilizzo generalizzato di mascherine chirurgiche in assenza di sintomi”.

Il nuovo Coronavirus è sensibile ai comuni disinfettanti: quelli contenenti alcol (etanolo) al 75%, o a base di cloro all’1%

Le indicazioni per proteggere gli altri:

Se hai una qualsiasi infezione respiratoria copri naso e bocca quando tossisci e/o starnutisci (gomito interno/fazzoletto).

Se hai usato un fazzoletto buttalo dopo l’uso.

Lavati le mani dopo aver tossito/starnutito.

VISTO LA PARTICOLARE SITUAZIONE, IN CASO DI PRESENZA DI SINTOMI INFLUENZALI, DIFFICOLTÀ RESPIRATORIE O TOSSE, IN VIA CAUTELATIVA RIMANERE A CASA E CONTATTARE IL PROPRIO MEDICO DI BASE O IL N. 1500  O il NUMERO PROVINCIALE NEI CASI DUBBI

TRASMISSIONE

I coronavirus umani si trasmettono da una persona infetta a un’altra attraverso:

la saliva, tossendo e starnutendo

contatti diretti personali

le mani, ad esempio toccando con le mani contaminate (non ancora lavate) bocca, naso o occhi

una contaminazione fecale (raramente).

NEL CASO IN CUI SI MANIFESTINO I SINTOMI DEL CORONAVIRUS O NEL CASO DI CONTATTO DIRETTO CON PERSONE CONTAGIATE NEGLI ULTIMI 14 GIORNI

1. TASSATIVAMENTE non andare di persona negli ospedali, personale attrezzato si recherà a domicilio per effettuare il tampone;

2. prendere contatti (ALTERNATIVAMENTE NEL SEGUENTE ORDINE) con        

    il proprio medico di famiglia, che vi effettuerà il triage telefonico

o   il numero verde del Ministero della salute 1500, e seguire le istruzioni telefoniche;

o   il numero 118 in attesa del numero unico delle emergenze per la Regione Emilia Romagna.

o   Per la Provincia di Piacenza informazioni al  0523.30.36.00

3. evitare contatti sociali fino a contrordine del personale sanitario.

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Regione Emilia Romagna : Etichettatura alimentare 2019

sicurezza alimentare

La Regione Emilia Romagna ha distribuito nel settembre scorso “Etichetta alimentare. Guida pratica alla lettura per fare scelte sane e consapevoli” ,  uno “speciale” realizzato  Servizio Sanitario  in collaborazione con Coldiretti Emilia Romagna. 

E’ una guida veloce, intuitiva, con testi semplici e diretti per spiegare ogni componente che si trova nell’etichetta alimentare, adatto ai consumatori di tutte le età.

Si inizia da “Cos’è l’etichetta?”, un’infografica che riproduce il prodotto alimentare e sotto una definizione breve e immediata, per poi proseguire con la risposta a tre quesiti: “Perché è importante” “Cosa dice la legge” “Per saperne di più”.

Attraverso il “Per saperne di più” sarà possibile, nella versione cartacea, scansionare il QR- code della dispensa per leggere gli approfondimenti (legislativi) dal proprio smartphone;

Scaricate qui la guida o dal sito

 https://www.alimenti-salute.it/etichettatura-alimetare-guida-pratica-alla-lettura

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Gli scarti di origine animale sono rifiuti?

sicurezza alimentare

Gli  Scarti di origine animale sono rifiuti?

La Sez. III della Cassazione Penale con Sentenza  n. 51004 del 9 novembre 2018 (UP 15 giu 2018) ha stabilito che “Gli scarti di origine animale sono sottratti all’applicazione della normativa in materia di rifiuti, e soggetti esclusivamente al Regolamento CE n. 1774/2002, solo se qualificabili come sottoprodotti ai sensi dell’art. 183, comma primo, lett. n), d. lgs. n. 152 del 2006; diversamente, in ogni altro caso in cui il produttore se ne sia disfatto per destinarli allo smaltimento, restano soggetti alla disciplina generale sui rifiuti

Omissis

“La Corte di appello, infatti, ha correttamente ribadito che gli scarti di origine animale sono sottratti all’applicazione della normativa in materia di rifiuti, e soggetti esclusivamente al Regolamento CE n. 1774/2002, solo se qualificabili come sottoprodotti ai sensi dell’art. 183, comma primo, lett. n), d. lgs. n. 152 del 2006; diversamente, in ogni altro caso in cui il produttore se ne sia disfatto per destinarli allo smaltimento, restano soggetti alla disciplina generale sui rifiuti (tra le altre, Sez. 3, n. 2710 del 15/12/2011, Lombardo, Rv. 251900; Sez. 3, n. 12844 del 5/2/2009, De Angelis, Rv. 243114). Orbene, in assenza di qualsivoglia elemento che giustifichi l’applicazione dell’art. 183 richiamato in tema di sottoprodotti, non individuabile neppure nel presente ricorso, ecco dunque che non appare censurabile la decisione del Giudice di appello che ha qualificato detti scarti come rifiuti, atteso il loro pacifico abbandono sul fondo agricolo di cui sopra”.

La CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. FERIALE il 12/08/2016 si era di recente espressa con la Sentenza n.34874

Omissis

“Allo stesso modo, del tutto privo di pregio è il richiamo alla disciplina in tema di s.o.a., atteso che, per costante giurisprudenza di questa Corte, gli scarti di origine animale sono sottratti all’applicazione della normativa in materia di rifiuti ed esclusivamente soggetti al Regolamento CE n. 1774/2002 solo se sono effettivamente qualificabili come sottoprodotti ai sensi dell’art. 183, comma primo, lett. n), D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152; diversamente, in ogni altro caso in cui il produttore se ne sia disfatto per destinarli allo smaltimento ­ come nel caso in esame ­ restano soggetti alla disciplina sui rifiuti dettata da tale ultimo decreto, atteso che le disposizioni del Regolamento CE n. 1774/2002 regolano esclusivamente i profili sanitari e di polizia veterinaria, rimanendo esclusi i profili di gestione per i quali permane l’operatività della disciplina generale (da ultimo, v. Sez. 3, n. 2710 del 15/12/2011 ­ dep. 23/01/2012, Lombardo, Rv. 251900). Quanto all’attribuzione della responsabilità al ricorrente, infine, il giudice motiva le ragioni della riferibilità soggettiva del fatto al Servodìo, avendo chiarito che il proprietario del terreni fosse detenuto al momento del fatto e che, pertanto, logicamente ad occuparsi della “gestione” degli animali era il ricorrente (e, conseguentemente, a questi deve ascriversi l’abusiva gestione dei reflui), donde le doglianze del ricorrente medesimo appaiono sul punto puramente contestative.”

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Il rischio legionellosi nelle strutture ricettive. Non abbassare la guardia

sicurezza alimentare

“ I campioni di acqua prelevati il 19 giugno dall’Ausl in una  struttura residenziale per anziani a Piacenza hanno evidenziato una “contaminazione importante del batterio legionella pneumophila  sierogruppo 1 di tutti i punti dell’impianto idro-sanitario campionati”.  In seguito alla nota dell’Ausl, il Comune di Piacenza ha ordinato la sospensione immediata dell’attività della struttura con il trasferimento degli ospiti in strutture con parametri assistenziali non inferiori fino all’attuazione da parte del gestore di idonei interventi atti ad eliminare la contaminazione dell’impianto idro sanitario da parte di legionella pneumophila.”

Questa notizia apparsa sul quotidiano locale di Piacenza nel giugno scorso mette in evidenza come, nei confronti del batterio della legionella ,  sia necessario non abbassare la guardia.

Le Linee guida per la prevenzione ed il controllo della legionellosi approvate dalla Conferenza Stato-Regioni, il 7 maggio 2015, indicano  l’obbligp da parte delle strutture considerate a rischio di procedere alla valutazione del rischio da Legionella e di predisporre il relativo documento di autocontrollo.

Il 19 giugno 2017 sono state pubblicate sul Bollettino Ufficiale della Regione Emilia Romagna le Lenee guida regionali per la sorveglianza e il controllo della Legionellosi approvate con Deliberazione della Giunta Regionale del 12 giugno 2017 n.828 in recepimento dell’Accordo Stato Regioni sopra richiamato.

Le strutture considerate a rischio sono quelle nelle quali risultano presenti impianti che comportano un moderato riscaldamento dell’acqua e la sua nebulizzazione (docce, aerosol, idromassaggi, sistemi importanti di condizionamento, saune, piscine, ecc.) o la presenza di utenti con sistema immunitario deficitario o alterato . Le linee guida Regionali identificano alcune tipologie di strutture :  Turistico-Recettive, Stabilimenti Termali, Strutture Sanitarie , Strutture ove si erogano procedure assistenziali.

Ad esempio sono sicuramente interessati : alberghi, hotel, pensioni, rifugi, campeggi, bed & breakfast, affittacamere, agriturismi, piscine, palestre, stabilimenti termali, spa e wellness, Strutture socio sanitarie, Socio assistenziali, Hospice .

Allegati: legionella-linee-guida-stato-regioni

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Protezione delle Api e biodiversità

sicurezza alimentare

Gli  Stati  Membri hanno appoggiato la proposta della Commissione Europea per la limitazione e ulteriormente l’uso di tre sostanze attive (imidacloprid, clothianidin e thiamethoxam, sostanze neonicotinoidi) .Anche l’EFSA (Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare) ha giudicato dannose per le api le sostanze neonicotionoidi.

La protezione delle api è un tema molto imporatnte per l’Europa per la tutela della biodiversità, la produzione di alimenti e l’ambiente. 

La decisione segue le misure già prese dal 2013. . Gli usi all’esterno di queste tre sostanze verranno vietati .I neonicotinoidi sopra richiamati saranno soltanto permessi nelle coltivazioni in serra. Il Regolamento verrà adottato dalla Commissione Europea prossimamente e sarà applicabile dalla fine del 2018.

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l’Emilia-Romagna e l’antibiotico resistenza

sicurezza alimentare

la finalità  Principale è quella di di:

  • Acquisire dati sull’uso di antibiotico in allevamento e nella pratica veterinaria degli animali da compagnia, fornire dati sulle resistenze circolanti 
  • Affiancare i medici veterinari liberi professionisti, i medici veterinari pubblici, i farmacisti, le industrie farmaceutiche e gli allevatori nella valutazione della corretta gestione del farmaco
  • Stilare Linee guida sull’uso responsabile degli antibiotici negli animali da reddito (bovinosuino e avicolo) e negli animali da compagnia (pet)

L’opuscolo  ‘Difendere le nostre difese‘ illustra progetti della Regione Emilia-Romagna sull’antibiotico resistenza destinato ai tecnici.

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Italia leader in europa per i controlli sulla sicurezza alimentare.

sicurezza alimentare

L’Italia mantiene il primo posto in Europa in quanto a sistemi di controlli sulla sicurezza alimentare, mentre Cina, India e Turchia rimangono i più grandi esportatori di cibi irregolari. A dimostrarlo sono i dati della Relazione 2014 sul Sistema di allerta comunitario RASFF pubblicata il 2 febbraio scorso dal Ministero della Salute.

I dati sono confortanti perché le segnalazioni inviate complessivamente in Europa al sistema RASFF ( Sistema Europeo di Allerta Rapido per Alimenti e Mangimi) sono in diminuzione e inoltre l’Italia è anche quest’anno il primo della lista in quanto a segnalazioni inviate alla Commissione Europea su rischi per la salute pubblica dovuti ad alimenti non a norma. Ciò consente di conseguenza di adottare tempestivamente da parte degli organi di controllo le misure di salvaguardia necessarie.

Complessivamente, nel 2014 si sono avute 3097 notifiche contro le 3136 dell’anno precedente, in diminuzione costante anche rispetto al 2012 (3436 notifiche) e al 2011 (3721).

L’Italia ha effettuato 506 notifiche (pari al 16,3 %), mentre nel 2013 le notifiche trasmesse dall’Italia erano 534 (pari al 17%).

I Paesi ai primi posti in quanto ad alimenti irregolari rimangono Cina seguita da Turchia ed India.

Come per gli anni passati le notifiche relative ai contaminanti microbiologici riguardano soprattutto la Salmonella (476 segnalazioni), seguita da Escherichia coli (122 notifiche) e Listeria monocytogenes (98).

Così come anche quest’anno in quanto a contaminanti chimici i più frequentemente notificati attraverso i sistemi di allerta sono i residui di fitofarmaci, seguiti dalle micotossine e da metalli pesanti. Ancora numerose risultano le notifiche riguardanti la presenza di sostanze allergeniche non dichiarate in etichetta(78).

Le non conformità rilevate, come per gli anni passati, sono da ricondurre prevalentemente ad una non corretta applicazione dei sistemi di autocontrollo da parte degli operatori del settore alimentare Il Ministero a tal fine ritiene “indispensabile che gli Operatori rinforzino i propri piani di autocontrollo, mentre le autorità territorialmente competenti, nel corso delle loro attività di controllo, dovrebbero utilizzare in modo più efficace lo strumento dell’audit”.

Dal quadro che emerge dal sistema dei controlli ad essere evidenziato è ancora una volta che le grandi aziende ed in particolare quelle che servono la GDO sono molto sotto sorveglianza, dalle stesse catene della grande distribuzione, e quindi più sicure delle realtà locali (che non sono quindi necessariamente più pericolose, ma sicuramente meno controllate).

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Vaschette e fogli di alluminio: attenti alle istruzioni.

sicurezza alimentare

Un’interessante inchiesta di Patti Chiari tra letteratura scientifica, test di laboratorio mirati e consigli per il consumatore, ha posto sotto esame l’utilizzo improprio da parte dei consumatori, delle vaschette e fogli di alluminio. Un metallo che può accumularsi nell’organismo anche a basse dosi e che  quando viene assunto in eccesso  può colpire le ossa e il sistema nervoso centrale.

 

In commercio sono stati trovati rotoli di alluminio con immagini di cibo cotto al cartoccio con una fetta di limone. Si tratta di una cosa da evitare visto che la forte acidità del limone accentua la migrazione del metallo nel cibo e viene sconsigliato. Oppure su altre confezioni si leggono diciture troppo generiche che consigliano di utilizzare l’alluminio “per conservare pesce, verdura, salumi, frutta”. In certi casi si arriva ad affermare che “componenti eventualmente ceduti agli alimenti non rappresentano un rischio per la salute” o a suggerire la cottura di cibi contenenti pomodoro in vaschette monouso (altro alimento fortemente acido da evitare).

Cosa succede se vengono seguite queste istruzioni? Quanto alluminio finisce nel nostro organismo e quali rischi si corrono?

 A quali livelli viene esposto un consumatore che cuoce nel forno lasagne al sugo di pomodoro, oppure cucina pesce al cartoccio inumidito da succo di limone o  conserva una mela in un foglio di alluminio? Le risposte arrivano dalle prove di laboratorio condotte su questi alimenti preparati in casa e su altri acquistati al supermercato.

Il limone non va aggiunto quando si prepara il pesce al cartoccio.

I referti analitici hanno dimostrato che l’alluminio è finito in tutti cibi che erano a contatto diretto con il metallo: le lasagne preparate in casa, con il pomodoro a diretto contatto con il recipiente, hanno assorbito quantità di alluminio quadrupla (0,486 mg/Kg) rispetto a quelle comprate al supermercato (0,126 mg/Kg).

Il pesce cotto al cartoccio è stata rilevata una quantità ancora più elevata (2.8 mg/Kg), mentre nella mela i livelli sono risultati irrilevanti (0.005 mg/Kg). Per pesare questi risultati è necessario considerare la dose tollerabile settimanale (TWI) stabilita nel 2008 dall’EFSA, pari a 1 mg per kg di peso corporeo/settimana, ovvero 20 mg per un bambino di 20 kg e 70 mg per un adulto di 70 kg.

Altre analisi  condotte su circa 40 prodotti preimballati comprati al dettaglio: le analisi hanno evidenziato che il 96% degli alimenti contiene alluminio in diversa misura. Le quantità maggiori sono state riscontrate in alimenti come cereali (6.1 mg/Kg), pane (1.9 mg/Kg), spinaci (5.5 mg/Kg), caffè (11.7 mg/Kg), cioccolato (2.3 mg/Kg) e sugo concentrato (13 mg/Kg).

Il valore massimo riguarda il tè che, con i suoi 1234 mg/Kg (ovvero oltre 1 grammo di alluminio ogni chilo) contiene naturalmente concentrazioni centinaia di volte più alte rispetto a qualsiasi altro cibo ma questo per ragioni naturali.

Non bisogna usare vaschette e fogli di alluminio a contatto con alimenti fortemente acidi o salati .

Le indicazioni per i consumatori  sono chiare:

  • non usare l’alluminio a contatto con alimenti fortemente acidi o salati (per esempio limone, pomodoro, salumi…)
  • usare per confezionare alimenti da tenere in frigorifero
  • se il cibo da confezionare è a temperature ambiente conservare per massimo 24 ore
  • se il cibo da confezionare è a temperature ambiente e ha basso potere estrattivo (*) si può conservare per più 24 ore.

Per abbassare la possibile esposizione occorre seguire in modo scrupoloso queste istruzioni.

L’inchiesta è di Emanuele di Marco e Matteo Born

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I microrganismi di origine alimentare più frequenti?

sicurezza alimentare

Secondo Il Rapporto annuale sulle Zoonosi 2016 redatto dall’EFSA (Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare) assieme all’ECDC (Centro Europeo per la Prevenzione e Controllo delle Malattie) e pubblicato nel mese di dicembre 2017, in Europa, il microrganismo con maggiori segnalazioni nelle persone è il Campylobacter (246.307 casi segnalati). Questo batterio, rispetto al 2015, ha registrato, un incremento del 6,1%. Fortunatamente i decessi sono stati molto pochi (circa lo 0,03%). La maggior parte delle segnalazioni derivano dal consumo di carne di pollo non correttamente cotta.

Anche i casi di Salmonella, veicolati attraverso gli alimenti, hanno osservato una crescita (incremento dell’11,5% rispetto al 2015). Sono in costante crescita anche i casi di galline ovaiole affette da salmonella.

Nel 2016 sono stati segnalati oltre 94mila casi di Salmonella enteritidis nell’uomo (circa il 59% del totale dei casi di salmonellosi) dovuti soprattutto al consumo di uova, prodotti a base di uova e di carne di pollo.

Anche i casi di Listeria sono in crescita: 2.536 infezioni con un incremento rispetto al 2015 pari al 9,3% con 247 decessi (soprattutto persone sopra i 64 anni). Il 97% dei casi sono stati costretti al ricovero ospedaliero.

I dati sopra riscontrati dalla sorveglianza EFSA-ECDC sono abbastanza preoccupanti il che ci ricorda che gli organi di controllo, i produttori, i commercianti e i consumatori non devono mai abbassare la guardia.

Il genere Campylobacter può essere considerato un “patogeno emergente” in quanto solo nell’ultimo decennio si sta estendendo in maniera preminente nelle produzioni animali.

Crescono molto bene nel tubo digerente degli animali (soprattutto nei polli, tacchini, ma anche in bovini, uccelli selvatici, ovini, suini, cani e gatti) che quindi fungono da serbatoi.

La dose infettante del Campylobacter jeiuni  (tra le più pericolose per l’uomo) è abbastanza bassa (in certe condizioni si può arrivare anche a solo 500 batteri) e il periodo di incubazione è di pochi giorni (circa 2-6).

I sintomi arrecati dalle specie di Campilobacter (campilobacteriosi) di cui sopra sono principalmente la diarrea, i dolori addominali, la nausea e il vomito, i dolori muscolari, la cefalea, la febbre, ecc. Tutti questi sintomi sono causati dai danni prodotti dal microrganismo soprattutto a livello della mucosa intestinale (infiammazione dell’intestino tenue e del colon).

Nei casi gravi (bambini piccoli, defedati, immuno-soppressi, ecc.) i batteri possono arrecare infezioni fuori dal lume intestinale provocando danni al sistema nervoso (GBS: sindrome di Guillan-Barré – particolare forma di paralisi) [2], alle articolazioni (artrite reattiva) e al sangue (batteriemia).

In genere la campilobacteriosi è auto-limitante e la sintomatologia permane da 2 a 10 giorni senza arrecare complicanze.

La principale misura per la riduzione del rischio di zoonosi da Campylobacter (malattie trasmesse all’uomo attraverso animali o prodotti di origine animale) consiste l’adeguato trattamento termico cioè nel consumo di carni avicole sufficientemente cotte (almeno 75°C per alcuni minuti al cuore del prodotto)  e nell’evitare la contaminazione crociata in tutte le fasi della filiera produttiva comprese le manipolazioni domestiche.

In merito a quest’ultimo punto l’inglese FSA (Food Atandards Agency)  consiglia di non lavare il pollo crudo in quanto tale operazione non elimina gli eventuali batteri presenti, ma può aumentare il rischio di contaminazione crociata (cioè attraverso gli utensili, i piani di lavoro come i taglieri, le mani degli operatori, ecc.).

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Obbligo di indicazione dell’origine in etichetta per il riso e la pasta

sicurezza alimentare

Il 17 e 18 febbraio sono entrati in vigore i due decreti del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali  che fanno scattare l’obbligo di indicazione dell’origine della materia prima in etichetta per il riso e per la pasta.

Questi due decreti consentiranno ai consumatori di conoscere il luogo di coltivazione del grano e del riso in modo chiaro sulle confezioni. Nel solco di quanto è già stato fatto per latte e derivati. I Decreti prevedono un periodo sperimentale per due anni.

Consentiranno ai produttori nazionali di grano e di riso e di fornire informazioni più complete e promuovere l’origine nazionale delle produzioni.

Oltre l’85% degli italiani considera infatti  importante conoscere l’origine delle materie prime per questioni legate al rispetto degli standard di sicurezza alimentare, in particolare per la pasta.

Sono questi i dati emersi dalla consultazione pubblica online sulla trasparenza delle informazioni in etichetta dei prodotti agroalimentari, svolta sul sito del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, a cui hanno partecipato oltre 26mila cittadini.

Oltre ai Decreti suddetti si dovrebbe però pretendere che anche le materie prime di importazione soddisfino le stesse garanzie di sicurezza dei prodotti nazionali dato che esistono  rigorose procedure di controllo che tutelano la salute dei cittadini.

DECRETO 26 luglio 2017   

Indicazione dell’origine, in etichetta, del grano duro per paste di semola di grano duro. (17A05704)

DECRETO 26 luglio 2017   

Indicazione dell’origine in etichetta del riso. (17A05698) (GU Serie Generale n.190 del 16-08-201)

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